INTERVISTA ESCLUSIVA – Barbara Chichiarelli spera che The Good Mothers accenda un riflettore sull’attualità!

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In uscita il 5 Aprile su Disney+ è la nuova serie originale italiana, The Good Mothers, vincitrice del “Berlinale Series” alla 73° edizione del Festival Internazionale del Cinema di Berlino, un’opera corale e sfaccettata che racconta la storia vera di tre donne, cresciute all’interno dei più feroci e ricchi clan della ‘Ndrangheta, che decidono di collaborare con una coraggiosa magistrata che lavora per distruggerla dall’interno. Noi di Survived The Shows abbiamo avuto il grande piacere di parlare con Barbara Chichiarelli dell’esperienza in The Good Mothers, cosa aspettarci dalla serie e dal suo personaggio, il PM Anna Colace, nonché abbiamo ricordato con lei i ruoli passati in Suburra e FavolacceTrovate l’intervista completa qui di seguito!

Barbara Chichiarelli

Qual’è la caratteristica di Anna, nonché della sceneggiatura in generale, che più ti ha affascinata e ti ha spinto a dire sì a The Good Mothers?

BARBARA CHICHIARELLI: Sicuramente il fatto che quelle che raccontiamo siano tutte storie vere. E quindi lo è anche il mio personaggio, che insomma è un personaggio di finzione, ma in un qualche modo è stato scritto sulla falsariga di un PM realmente esistente. Questa aderenza alla realtà, il fatto che fossero delle storie vere, è la cosa che da subito mi ha affascinato. La possibilità di aprire un varco sul presente, anche sul reale, perché sono storie che comunque non si sono “concluse” ancora.

Se potessi descrivere The Good Mothers in 3 parole, quali sarebbero?

Sconvolgente, inquietante, attuale.

Barbara Chichiarelli nei panni di Anna Colace in The Good Mothers, in uscita il 5 aprile su Disney Plus. – Credit: Ⓒ 2022_ Wildside s.r.l. – House productions LTD__ph.Claudio Iannone

Che valore ha per te raccontare la storia di queste donne al grande pubblico? Eri a conoscenza di questa storia, hai fatto ricerche particolari per poter interpretare Anna al meglio?

Abbiamo sicuramente approfondito queste storie che in un qualche modo la cronaca aveva abbozzato, ma purtroppo sono racconti parziali quelli che sono stati dati fatti all’opinione pubblica e anche questo è un dato che è emerso lavorando su queste storie. Purtroppo non si è dato il giusto peso e il giusto spazio a queste storie, anche allo stesso processo, che chiaramente è tangenziale e avviene successivamente. Poi conseguentemente con tutto quello che poi è successo con l’arrivo di Gratteri, la procura di Vibo Valentia non ha avuto questa possibilità.

Quindi in un qualche modo vorrei che si accendesse questo faro non solo su fatti di cronaca passati ma anche sull’attualità, perché purtroppo la lotta alle mafie secondo me è in continua evoluzione. A parte quelle giornate in cui si commemorano fatti come quelli dell’uccisione del giudice Borsellino e Falcone, c’è un clima omertoso rispetto alla lotta alle mafie, quando invece secondo me i giornalisti dovrebbero correre a chi pubblica più notizie in merito. Quindi io spero che questa serie accenda un riflettore su queste che sono storie passate ma che purtroppo sono anche storie di attualità che non conosciamo, alle quali ancora non abbiamo dato dei nomi e dei volti.

Dal punto di vista personale, c’è qualcosa nel personaggio di Anna Colace che rivedi in te stessa? Dove siete simili e dove diametralmente opposte?

Posso intuire e vedere delle similitudini, dei tratti comuni, sicuramente nel coraggio che ha questo questo PM, il quale in qualche modo mi appartiene, se vogliamo, anche se non a quei livelli perché poi arriviamo al punto sideralmente opposto che questo personaggio ha rispetto al mio carattere, ovvero riuscire a vivere privats e deprivata di affetti. Questa è una cosa che io non riuscirei mai a fare perché sono una persona che ha bisogno di una rete sociale, di amicizie. Per Anna questo è chiaramente vietato e impossibile, vivendo sotto scorta, e dormendo in caserma, senza la possibilità di avere una famiglia.

Barbara Chichiarelli nei panni di Anna Colace in The Good Mothers, in uscita il 5 aprile su Disney Plus. – Credit: Ⓒ 2022_ Wildside s.r.l. – House productions LTD__ph.Claudio Iannone

Dal punto di vista attoriale invece, quale è stata la sfida più grande che hai affrontato nell’interpretare Anna in The Good Mothers?

Sicuramente trovare un’equilibrio tra l’interpretare un personaggio che in un qualche modo deve rappresentare lo Stato e quindi non può permettersi troppe debolezze e il pensare che invece la differenza in questo personaggio sta proprio nel fatto che sia una donna che si relaziona ad altre donne e quindi trovare questo questa sintesi. Ci siamo interrogati anche con i registi su questo, cioè qual era il punto di equilibrio?

Questo personaggio mi ha dato anche la possibilità, in qualche modo, di interfacciarmi con il potere e con la gestione del potere e interrogarmi su come può una donna gestire il potere in maniera diversa, una donna che si ritrova a lavorare in un mondo fatto prettamente di uomini, in un contesto totalmente patriarcale. Questo è stato il mio lavoro, cioè cercare di capire dov’era la sintesi tra tutte queste cose e poterle portare in scena. Spero di esserci riuscita, non lo so.

Cosa ci puoi anticipare del percorso che Anna affronterà nel corso della serie? Cosa possiamo aspettarci da lei?

E’ una donna caparbia che riuscirà in un qualche modo ad andare avanti per la sua strada, nonostante i continui bastoni tra le ruote. In qualche modo riuscirà a mantenersi stabile in questa montagna russa, che poi è come credo che sia ogni indagine, tra passi in avanti, passi indietro e passi laterali. Anna continuerà ad avere il timone ben fermo e ad andare avanti nonostante succedano una serie di cose abbastanza difficili da gestire, tenendo fede ai suoi ideali e tenendo fede a un’intuizione, da cui parte tutto: Far sì che le donne dell’ndrangheta diventino un po’ il cavallo di Troia per entrare in questa associazione a delinquere che, come sappiamo, ha delle regole molto più ferree, molto più severe di altre.

Barbara Chichiarelli nei panni di Anna Colace in The Good Mothers, in uscita il 5 aprile su Disney Plus. – Credit: Ⓒ 2022_ Wildside s.r.l. – House productions LTD__ph.Claudio Iannone

Parlando invece del lavoro sul set per The Good Mothers, come descriveresti la tua esperienza a lavorare in un progetto cosi italiano ma allo stesso tempo internazionale?

E’ stato molto interessante. E’ il primo lavoro in ambito televisivo-cinematografico che faccio con produzione internazionale, mentre a teatro già mi è capitato. Credo che siano sempre foriere di grandi rivelazioni, collaborazioni con altre persone perchè c’è chiaramente un portato diverso vedere l’occhio di Julian [Jarrold, regista], che è inglese, su una storia del genere. Ma tuttavia anche prima di lui, sappiamo che sia l’autore del romanzo [Alex Perry] su cui si basa la serie, sia lo sceneggiatore [Stephen Butchard] sono inglesi, quindi è come se ci fosse un occhio molto più lucido rispetto a tanti aspetti di questa storia e al contempo quest’occhio molto lucido veniva bilanciato da una consapevolezza e da un sapere che noi italiani abbiamo su fatti di questa natura. Quindi, ho trovato questa sinergia molto interessante.

Com’è stato creare insieme al resto del cast tutta questa intricata rete di rapporti che vedremo nella serie?

E’ stato difficile, diciamo, essere antagoniste o comunque combattere sul set, perché poi in realtà si sono costruiti dei rapporti molto belli tra noi tutte, anche se ho approfondito magari maggiormente alcuni rapporti e non tutti, perché sono storie che si muovono tra analessi e prolessi e si intrecciano, quindi non ho girato con tutti. Ma devo dire che abbiamo creato un bellissimo gruppo, quindi forse la difficoltà è stata quella di ritrovarci, a volte antagoniste, quando nella vita siamo diventate amiche.

È questo però, in un qualche modo è, è un termometro del fatto che le donne, quando non subiscono le dinamiche del patriarcato, si alleano tra di loro e non combattono tra di loro. Questa è una nota antropologica che ho potuto riscontrare e quindi la riflessione postuma è stata ‘Per quanto ancora ci metteranno l’una contro l’altra? Quanto questo metterci sempre l’una contro l’altra non ha in qualche modo alimentato e foraggiato queste dinamiche? Forse per romperle quello che dobbiamo fare noi donne è proprio tornare ad allearci, essere sodali, amiche e solo in questo modo potremmo combattere e estirpare le radici marce che ci sono anche nel nostro paese.

Quindi è stata proprio una prova empirica del fatto che le donne, se messe assieme, sono in grado di collaborare senza problemi e anzi diventare addirittura alleate e amiche.

Se potessi scegliere un altro personaggio da interpretare in The Good Mothers, a parte Anna, quale sarebbe e perché?

Bella domanda. Forse ti direi forse la Cacciola, perché è talmente diversa. Cioè, mentre Giuseppina Pesce a suo modo trova una sua identità all’interno di questo mondo maschile e anche una sua forza, autodeterminazione, invece la Cacciola è sostanzialmente succube di queste dinamiche. E per di più è una donna che gioca in minore, che non si è mai esposta, tutto l’opposto di quello che è il mio carattere. Quindi così perché mi piace sperimentare cose nuove, anche molto lontane da me forse direi la Cacciola. Perché giocare in minore ed essere obbediente e rispettare degli uomini, nonostante le angherie subite, sarebbe veramente una bella prova.

Simona Di Stefano nei panni di Concetta Cacciola in The Good Mothers, in uscita il 5 aprile su Disney Plus. – Credit: Ⓒ 2022_ Wildside s.r.l. – House productions LTD__ph.Claudio Iannone

Guardando a posteriori quest’esperienza, qual è il ricordo più bello che ti porti nel cuore?

Sicuramente le tante risate che ci siamo fatte fuori dalle riprese, che usavamo in un qualche modo come meccanismo di difesa per distaccarci un po’ da questa materia, che chiaramente è magmatica. Come dicevo prima, uno degli aggettivi era inquietante, quindi la capacità che abbiamo avuto anche di astrarci, di riuscire ad alleggerire a volte delle scene o terminare una scena e concederci una chiacchiera, una risata. Questo è stato sicuramente una delle cose che mi porterò dietro. Un clima di di tranquillità, serenità, di rispetto e quindi questo fuori dentro è un po una cosa bella che è successa.

Facendo un salto nel passato fino alle origini della tua carriera come attrice, com’è nata in te la passione per la recitazione? Com’è entrata nella tua vita?

È una cosa che mi ha sempre accompagnata da quando ero piccola. Ho raccontato in più interviste che il mio primo spettacolo l’ho fatto a due anni e quindi da lì è stata una cosa che mi ha accompagnato. Ogni anno ho sempre fatto uno spettacolo. La recitazione ha sempre fatto parte della mia vita, fin quando poi non ho deciso, ad un certo punto, dopo un percorso intrapreso all’università e vari altri lavori, di prendere questa passione e non relegarla più a passione, ma farla diventare un vero e proprio lavoro.

Io col senno di poi sono contenta di averlo deciso relativamente tardi, di fare questo lavoro, perché comunque mi sono approcciata alla recitazione, allo studio con forse con più consapevolezza rispetto a tanti miei compagni di classe che erano appena usciti dal liceo. Quindi sono contenta di aver fatto questa scelta un po’ in là con gli anni rispetto alla media, ma non mi sono mai pentita di averlo fatto. Forse ero pronta per affrontare questo tipo di percorso, ma anche la capacità quando si è più grandi di integrare delle brutte notizie, dei no.

Perchè questo mondo è fatto di attesa, è un mondo che ti pone di fronte ad una scelta e a volte quando si è piccoli ci si confonde e si va sul piano personale, per cui se non si viene scelti non ci si sente all’altezza come persone, quando in realtà poi non si viene scelti perché il personaggio è più grande o più piccolo, insomma tutta una serie di dinamiche che poi conosciamo. Quindi secondo me è stato importante, non solo essere più consapevole, ma anche avere più strumenti per difendermi da questo tipo di dinamica.

Tra i tuoi progetti passati non possiamo non ricordare il tuo ruolo in un’amatissima serie Netflix, che è Suburra. Che ricordi hai dell’esperienza nei panni di Livia Adami e com’è stato lavorare, tra tanti, al fianco di Alessandro Borghi?

Come ho detto altre volte, il primo amore non non si scorda mai. Nel senso che è stato il primo progetto che ho affrontato ed era anche il primo progetto in Italia quando ancora questa collaborazione tra produzioni italiane e piattaforme stava facendo il proprio esordio. Quindi mi sono ritrovata nel primo progetto italiano per Netflix distribuito in 190 paesi, ma anche la prima volta sul set.

Infatti mi ricordo questa prima giornata di set con Alessandro [Borghi] che fu molto tenero perché mi disse, ‘Ah, ma oggi è il tuo primo giorno’. Però non aveva capito che fosse il mio primo giorno nella vita proprio sul set e quindi pensava fosse il mio primo giorno di riprese per questo progetto e qui ho detto ‘Sì, è il primo giorno’, e lui mi risponde ‘Vabbè dai, vedrai andrà bene’ e io dico ‘No, ma è il primo giorno proprio di riprese nella mia vita’ e quindi mi sembra di ricordare che partì una sorta di applauso con lui che disse, ‘Ragazzi, ma è il primo giorno della sua vita sul set’.

E quindi ecco, sono lusingata e sono sempre stata lusingata di avere avuto questo tipo di battesimo, di iniziare su una serie Netflix distribuita a livello mondiale con Alessandro accanto. E’ stata una gran fortuna per me.

Barbara Chichiarelli nei panni di Livia Adami in Suburra – La Serie – Credit: Netflix

Del personaggio di Livia Adami cosa che ti aveva colpito di più?

Anche in quel caso mi aveva colpito il fatto che fosse una storia vera e soprattutto una storia che riguardava la mia città. Una storia che comunque era uscita fuori pochi anni prima con tutta la giunta Alemanno e insomma tutto quello che sappiamo che si è mosso in quegli anni tra l’arresto di Carminati e la giunta comunale che viene in un qualche modo indagata, quindi sentivo che era materiale anche quello vivo. Raccontava una storia di cronaca, una storia che mi riguardava, forse ancora più da vicino, perché chiaramente riguardava la mia città. E poi il fatto che fosse appunto una donna di potere e quindi anche lì ritorna il tema della gestione del potere. Le domande che mi sono fatta per interpretare quel personaggio, credo che poi mi abbiano portato a costruirlo in quel modo.

A differenza per esempio di una Anna Colace che in qualche modo fa una sintesi tra la gestione del potere al maschile e quella al femminile e trova un modo per differenziarsi dai suoi colleghi, mentre Livia Adami per me era totalmente invischiata in dinamiche prettamente maschili e quindi la gestione del potere era uguale a quella degli uomini, da cui non si può differenziare. Anzi forse deve dimostrare ancora di più la sua forza, la sua arroganza. Questa è stata la riflessione interessante. Per altro, credo che questa riflessione sulla gestione del potere continuerà per me, perché la cronaca, come vediamo, ci riporta lì. Abbiamo un Presidente del Consiglio donna, un segretario di partito all’opposizione donna ed è un unicum adesso rispetto alla nostra storia.

Invece al cinema un progetto che ti ha segnato particolarmente è Favolacce, dei fratelli DInnocenzo, che ti ha anche valso una candidatura al David di Donatello. Che ricordi hai quindi di questo progetto e del personaggio di Dalila?

Ho dei ricordi bellissimi, perché credo di aver lavorato ad un’opera d’arte sotto tanti aspetti. Sia da un punto di vista attoriale, perché ero accanto a Elio Germano, che per me è stato un mito da bambina e quindi lavorarci assieme è stato anche quello una grandissima opportunità per me. E conoscere anche i fratelli che hanno scritto e diretto questo film che in qualche modo secondo me ha segnato un cambio di di marcia anche nel cinema italiano.

Quindi, ripeto, partecipare ad un qualcosa di nuovo, avere la consapevolezza che sta facendo qualcosa di nuovo, che si stanno spostando delle cose è adrenalinica come sensazione. Io ho avuto da subito questa sensazione e poi chiaramente che non è stata minimamente disattesa sul set perché hanno lavorato in questo progetto professionisti di altissimo livello, da Massimo Cantini Parrini a Paolo Carnero, la fotografia era veramente stata un’emozione. Sentirmi parte di una macchina e di un processo grande che stava realizzando un’opera d’arte, non solo un film, vedere l’attenzione di tutti su questo aspetto è stato emozionante.

Barbara Chichiarelli è Dalila nel film dei fratelli D’Innocenzo Favolacce (2020)

Se potessi dare un consiglio a tutti quei giovani attori che cercano di intraprendere i primi passi all’interno di questo ambiente, o comunque a chi ha intenzione di intraprendere una carriera nel mondo dello spettacolo in generale, che consiglio daresti basandoti sulla tua esperienza?

Direi loro di studiare. Di studiare molto perché questo non è, a mio avviso, un lavoro che si può improvvisare. E’ un lavoro che non solo ti occupa mentalmente, ma anche fisicamente e deve andare di pari passo con una consapevolezza di chi si è, quindi direi anche di approfondire e conoscere sé stessi in qualsiasi modo. Perché dobbiamo essere un liquido che entra in ogni contenitore e per entrare in ogni contenitore dobbiamo conoscere questi contenitori. Dobbiamo far vivere la realtà, riprodurla, e per farlo bisogna conoscerla e quindi bisogna leggere, studiare, essere curiosi. Portare avanti questi due aspetti, con un aspetto legato alla vita personale e l’altro proprio legato allo studio della recitazione.

L’intervista con Barbara Chichiarelli è stata condensata per ragioni di chiarezza e lunghezza.

The Good Mothers, con Gaia Girace, Valentina Bellé e Barbara Chichiarelli, debutta su Disney Plus il 5 aprile. Date un’occhiata al trailer qui in seguito!

The Good Mothers, con Gaia Girace, Valentina Bellé e Barbara Chichiarelli, debutta su Disney Plus il 5 aprile.

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Chiara

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